domenica 26 aprile 2009

Antobiografia


Ho iniziato a scattare a sedici anni, dopo la prima lezione di fotografia: c’era della magia in quel che succedeva alla pellicola quando veniva toccata dalla luce, questo mi affascinava.
Qualcosa di poeticamente tecnico nei procedimenti applicati nella ripresa; tempi, diaframmi, inquadrature, soggetti, emozioni, luci: i miei strumenti per fermare il tempo, per raccontare le Emozioni del Momento.
…e l’amore per la stampa: quando l’immagine di cui ne sei stata autrice prende vita sulla carta da te scelta, allora è emozione grande: il buio della camera oscura velato di rosso, il silenzio e la concentrazione unici compagni per raggiungere il risultato ambito, i secondi scanditi per ogni singola operazione che ne contendono il risultato, i tempi di esposizione che vengono corretti con le mani, chimiche che vengono copiosamente agitate, neri che affiorano… tutto ti porta a staccarti dal resto del mondo: io e la mia creatura che vive.
Ho iniziato a scattare affascinata dalla fotografia sociale, affascinata dal coraggio e dalla volontà dei reporter. Da come le loro foto volevano e vogliono dire.
Così ho comprato la mia prima macchina fotografica a 19 anni, una Nikon FM2: in perfetto stato (mai usata, il dorso era vergine) e un vero affare (a 19 anni si hanno davvero pochi soldi per comprare l’attrezzatura tanto ambita…), quella macchina era un segno e un sogno (doveva essere mia!!): il mio orgoglio.
Volevo raccontare le storie degli angoli bui delle città, così ho cominciato a saltare la scuola per passare le mattine con la Gente della Stazione Centrale, affascinata dalla libertà drammaticamente vissuta col sorriso. Registrare la vita di chi sta ai margini, col Tempo come aiuto per creare un rapporto: i loro volti, i loro sguardi, le loro mani, i loro pensieri non parlati.
A volte però il voler raccontare di qualcuno diverso da noi porta perdite di cui non si può stimarne l’importanza; bisogna sempre creare empatia con chi viene fotografato, per poterne trasformare le emozioni (e questo lo si può fare solo senza macchina fotografica, imparato a mie spese): un gesto superficiale ha portato la perdita del lavoro di mesi di levatacce, di sigarette regalate, di attenzioni scambiate.
Da qui un lungo fermo temporale.
…ma continuo ad amare la Fotografia che informa, emoziona, racconta;
l’immagine fermata, semplice e diretta che non ha bisogno di didascalie per essere compresa;
la Fotografia senza livelli culturali in cui limitarsi;
amo la fotografia che trasmette emozioni condivisibili, che siano crudeli o di gioia.
Non banale, semplice.
Amo, come la mia vita, VIAGGIARE.
Sono stata un po’ qua e un po’ là in qualche posto del mondo: Italia terrena e buon gustaia, Grecia bianca e bruciante, Mexico magico e ribelle, Thailandia saggia e orgogliosa, Kenya selvaggio e d’oro.
Sono ferma: sto definendo la mia formazione professionale, ancora molto è da farsi, ma coltivo due sogni, sul primo non proferisco parola per scaramanzia, il secondo è il progetto d’un viaggio nuovo:
la Transiberiana, partire dal Freddo russo, per raggiungere la Primavera cinese.




Formazione:


- cinque anni di fotografia nelle nella scuola superiore
(qui ho conosciuto Fotografia, padri, tecniche e storia);


- tre anni di specializzazione come fotografa da studio al CFP “R. BAUER”:


due di specializzazione b/n;


uno di specializzazione colore;


- esperienze diverse in laboratori e studi per still life di vario genere e food;


- ora seguo progetti diversi: servizi fotografici per aziende, per eventi, ritratti aziendali, still life vari e di food, reportages in enti sociali;


- lavori e ricerche personali: reportages etnici; reportages di architetture storiche abbandonate intorno alla città che mi ospita;



Ringrazierei ad uno ad uno i professori che mi hanno insegnato la fotografia, ma le lezioni possono insegnarti la tecnica, non a trasmette emozioni, quello lo impari col tempo, soffrendo e ridendo, conoscendo te, il mondo e la tua macchina come filtro…



Così sono Antulla.

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